Contact improvisation dance:

Contact improvisation dance:

Scoprirsi attraverso il linguaggio del corpo

Il silenzioso linguaggio del corpo

Le luci soffuse e la musica di sottofondo accompagnano e accolgono i nuovi e le nuove arrivate. La sala non è immensa ma è grande abbastanza da farci sentire parte di un movimento collettivo. All’inizio le pareti sono la certezza, ciò che mantiene attivo il nostro senso di conservazione così come le nostre inibizioni. Sapere che c’è quel muro ci dà sicurezza. All’inizio ci fidiamo quasi solo di lui e il centro della sala lo percepiamo lontano, distante. L’idea di convergere verso di esso ci fa sentire nudi, senza più certezze. E quindi ci troviamo un nostro spazio sicuro, un punto della sala in cui ci sentiamo a nostro agio; un punto dal quale possiamo cominciare senza pressione il nostro personale percorso di scoperta. Incrociamo gli sguardi di chi ci sta vicino, ci sorridiamo per nascondere e al tempo stesso mostrare questo imbarazzo iniziale. Talvolta ci scusiamo anche se ci accorgiamo di essere entrati nello spazio di qualcun altro. E l’altro ci fa capire che non è un problema, lo fa con un sorriso, scuotendo lievemente il capo, guardando verso il basso o anche solo con un gesto della mano. Lo fa perché sa cosa significa e comprende il nostro momento. Comprende perché lo ha vissuto poco prima o perché lo sta vivendo o perché si ricorda della sua prima volta nel mondo della Contact Improvvisation.

Superare la naturale inibizione

Questa naturale inibizione diventa il punto di partenza per scoprire quanta fiducia possiamo darci attraverso gli altri. Questo tipo di esperienza ti trasmette un concetto talmente semplice da sembrare scontato. Che darsi fiducia è una scommessa vinta in partenza anche se l’altro quella fiducia la disattende. Dare fiducia vuol dire fare un passo al centro della sala e vedere cosa succede. A volte si viene accolti altre volte no ma è il gesto che fa la differenza.

Al di là della sicurezza

È staccare la schiena dalla sicurezza del muro verso il centro di qualcosa che ci fa crescere personalmente. E non importa se delle volte qualcuno non risponderà al nostro movimento. Potremmo sperimentare emozioni tra loro contrastanti ma il gesto in sé, l’andare verso il centro, il rimanerci, estendere lo spazio sicuro ci fa provare molto altro. Qualcosa che nella vita di tutti i giorni magari non riusciamo a notare perché ci fermiamo al pensiero del rifiuto o al senso di disagio. Qui invece siamo in movimento e ciò che ci sta intorno ci aiuta a soffermarci il giusto su questi pensieri. Ci fa sentire quanto possiamo essere efficaci nell’ambiente quando ci lasciamo andare; ci fa sentire autonomi, liberi dal peso di quello che gli altri pensano. Ci fa sentire modello per coloro che sono rimasti con la schiena appoggiata al muro e questo ci dà forza. Ci dimostra empiricamente che modificando il nostro comportamento abituale succede qualcosa di nuovo, di diverso. Nascono nuovi pensieri, ai quali si legano come nella chimica nuove emozioni.